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Deserto

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DESERTO
Tenda immensa di fumo di canto
di sguardi sfuggenti o attenti glissando,
meandri di musica ignota a Descartes
in ritmi non ricevuti per grazia,
ma venienti da profumato e antico
giardino che notti portatrici di fiabe
crearono lievi per Ravel o per Grieg.
Movenze di sensualissimo flesso,
illusione a occhi inadatti a capire
i lascivi e obliàti abbandoni
assetati di primitivi piaceri.
Si avvicina, mi guarda, mi ascolta,
mi sfiora con artigli dolcissimi,
privi di sangue, lievi e leggeri
lontani da laceranti ferite,
ma usi a languide tumide labbra.
Giri di vesti, colori di erbe
di rosso e viola, il fuoco che brucia
rivela a me Zoroastro, a me solo,
iniziato in periferico cerchio,
umile eppure sfrontato a cercare
ombre stordenti di complici odori
in una glabra e umida seta,
impudica offerta con sguardi di brace.
Ed è dolce affogare – farò a meno
di ogni respiro, mi nutro di umori –.
Un solo strumento in armonico suono
accompagna la fiamma danzante,
mentre il mondo intorno si offusca e si scalda
vagando come assenzio stordente
in languide ingovernabili ebbrezze
che si svelano per dire sì sempre sì.

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