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al testo di paolo massimo rossi
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DESERTO
Tenda immensa di fumo di canto di sguardi sfuggenti o attenti glissando, meandri di musica ignota a Descartes in ritmi non ricevuti per grazia, ma venienti da profumato e antico giardino che notti portatrici di fiabe crearono lievi per Ravel o per Grieg. Movenze di sensualissimo flesso, illusione a occhi inadatti a capire i lascivi e obliàti abbandoni assetati di primitivi piaceri. Si avvicina, mi guarda, mi ascolta, mi sfiora con artigli dolcissimi, privi di sangue, lievi e leggeri lontani da laceranti ferite, ma usi a languide tumide labbra. Giri di vesti, colori di erbe di rosso e viola, il fuoco che brucia rivela a me Zoroastro, a me solo, iniziato in periferico cerchio, umile eppure sfrontato a cercare ombre stordenti di complici odori in una glabra e umida seta, impudica offerta con sguardi di brace. Ed è dolce affogare – farò a meno di ogni respiro, mi nutro di umori –. Un solo strumento in armonico suono accompagna la fiamma danzante, mentre il mondo intorno si offusca e si scalda vagando come assenzio stordente in languide ingovernabili ebbrezze che si svelano per dire sì sempre sì. |
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